7 settembre 2021

Gagliano Giuseppe Falange armata, eversione e criminalità organizzata

Agli atti dell’inchiesta Ndrangheta stragista c’è la deposizione resa dall’ex Ambasciatore Paolo Fulci, che era stato, dopo una lunga e brillante carriera in diplomazia, Segretario Generale del Cesis–organismo di controllo e coordinamento dei due servizi d’informazione “operativi” dell’epoca (il sisde ed il sismi)–fra il maggio 1991 e l’aprile del 1993 e, poi, dalla Direzione Nazionale Antimafia. Gli inquirenti acquisiscono un articolato carteggio, composto da informative della Digos e documenti forniti dai servizi d’informazione e dal Cesis, che riguardano il medesimo oggetto. Fulci informò (in modo non dettagliato) il Comandante dell’Arma dei Carabinieri dell’epoca e, ben più sommariamente, i suoi referenti politici–vale a dire i Presidenti del Consiglio in carica e quelli che gli avevano dato il mandato (il Presidente del Consiglio Giulio Andreotti, con l’avallo dell’allora Presidente della Repubblica Francesco Cossiga). Poi, nell’aprile 1993 lasciò l’incarico e si recò a svolgere funzioni diplomatiche oltre-oceano. Vennero sentiti il suo capo-gabinetto–Generale Nicola Russo–e altri collaboratori dalla Digos di Roma su delega della Procura della Capitale. Da quelle escussioni emerse che il Fulci, dopo accertamenti interni fatti svolgere da personale di sua fiducia, avesse richiesto al Comandante Generale dei Carabinieri di dare impulso ad attività d’indagine su circa quindici funzionari del sismi, che prestavano servizio presso il nucleo ossi, una sorta di gruppo di elite della Divisione del sismi, in quanto a suo giudizio vi erano probabili o possibili appartenenti alla sedicente Falange Armata, sorta di struttura occulta dei servizi deviati che svolgeva una campagna di “intossicazione”, disinformazione e aggressione a esponenti istituzionali, che si poneva in continuità con la politica piduista dei vecchi apparati sid/ sifar. Lo stesso Fulci era stato minacciato dalla Falange Armata. Il Generale Russo, in particolare, nel corso della escussione del 3 luglio 1993 alla Digos di Roma, ribadisce che Fulci legava le attività di minaccia, rivendicazione e intimidazione della Falange al tentativo di infangare e intimorire tutti i soggetti di rilievo istituzionale o pubblico che avevano evidenziato perplessità sulla “Operazione Gladio”, individuando anche “Fulci, dopo qualche riluttanza accetta la nomina e, senza che la sua nomina avesse avuto una qualche risonanza mediatica mentre occupava ancora il suo vecchio incarico diplomatico, riceve la prime minacce Falange Armata. Accadono cose strane al direttore Fulci: nei primi mesi si accorge che, all’interno dell’abitazione dei servizi che lo ospitava a Roma, era intercettato da impianti e microspie di tipo ambientale che avevano lasciato gli stessi servizi (sismi), nonostante avesse chiesto una bonifica. La sua gestione si caratterizza per particolare rigore in quanto per la prima volta utilizza i poteri del segretario generale di Cesis che permettono di bloccare nomine e promozioni dei servizi e soprattutto di bloccare fondi, cosa che fa in modo puntuale e sollecito. Continuando però le minacce nei suoi confronti e imperversando comunque le rivendicazioni e l’inquinamento informativo da parte di Falange Armata, delega un suo dirigente di massima fiducia a svolgere penetranti accertamenti sulla provenienza di tali rivendicazioni/ minacce da parte della Falange Armata: “Armata: all’esito di tali indagini svolte sui tabulati che tracciavano la cella di provenienza delle telefonate Falangiste, il collaboratore (oggi deceduto) gli presenta due lucidi che contenevano due mappe d’Italia. In una erano localizzate le celle di provenienza delle minacce falangiste e nell’altra i luoghi d’incontro e le sedi periferiche ove operava il sismi. Fulci riceve le prime minacce nel maggio 1991, quando ancora non solo non aveva preso servizio al Cesis, ma neppure era nota al pubblico la nomina. Evidente che solo un soggetto che avesse un qualche interesse a fare la minaccia e, al contempo, avesse l’informazione della nomina di Fulci, poteva essere l’ignoto falangista. Il filone investigativo sul sismi consente di precisare che la struttura deviata si annidava all’interno della 7a Divisione (sciolta nel 1993) del sismi e che, non diversamente dalle mafie, vedeva messa in discussione la sua mission nel nuovo periodo storico che si andava ad aprire nei primi anni Novanta. Non sappiamo chi all’interno di tale divisione abbia in concreto operato a tale fine, ma le tracce processuali che si aveva il dovere di seguire portano fino a quella porta. Questi soggetti, legati alle vecchie strutture dei servizi in mano a Licio Gelli, che non a caso concordavano–fra il 1990 ed il 1991–con le principali mafie, Cosa Nostra e ’ndrangheta l’utilizzazione della sigla Falange Armata nella rivendicazione di efferati delitti e stragi.

 
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